Essere ottimisti non è solo un modo cieco di abbracciare la vita, che porta a fare la fine del lemming. Essere ottimisti conviene, perchè l’ottimismo è collegato alla speranza: facoltà capace di generare la possibilità di ottenere risultati in-sperati.
In questo articolo parlo di speranza, senso di autoefficacia e di quell’ “ottimismo drammatico” – per riprendere l’espressione di Vito Mancuso, teologo e filosofo – che ho declinato alla ricerca di lavoro e sviluppo della carriera.
Intelligenza emotiva e speranza
Nel sempreverde Intelligenza Emotiva (io ho l’ottava edizione Bur Saggi, quella del novembre 2001: i passi indicati quindi li trovi da pag. 113 a pag. 117), Daniel Goleman cita lo psicologo C.R. Snyder – della Kansas Unversity -, il quale dice dei test per valutare la speranza negli studenti universitari: i più inclini alla speranza si prefiggevano obiettivi ambiziosi, sapendo di doversi impegnare maggiormente. Confrontandoli con i risultati accademici di studenti con doti intellettuali equivalenti, a contraddistinguerli nei successi era la speranza di riuscire a fare la differenza.
Gli individui con elevata inclinazione alla speranza, constatò C.R. Snyder «(…) hanno in comune alcuni aspetti fra i quali la capacità di automotivarsi, la sensazione di avere le risorse necessarie per raggiungere i propri obiettivi, l’abilità di rassicurare se stessi nei momenti difficili convincendosi he le cose andranno per il meglio, e una flessibilità sufficiente a escogitare modi diversi per raggiungere gli obiettivi prefissati o modificarli se essi diventano impossibili; infine, la capacità di frantumare un compito di formidabile difficoltà in tanti più piccoli e maneggevoli» (pag.114)
Come riferisce Goleman, i ricercatori moderni sanno quale sia il ruolo della speranza, capace di influenzare il rendimento e la capacità di sopportare impegni gravosi. Snyder la definisce: «convinzione di avere sia la volontà che i mezzi per raggiungere i propri obiettivi, quali che siano» (pag.114).
L’ottimismo
Collegato alla speranza è l’ottimismo. Dal punto di vista psicologico, è un atteggiamento che aiuta la persona a non lasciarsi andare ma a mantenere la giusta tensione positiva verso gli obiettivi. Martin Seligman, il noto psicologo che ha scritto importanti pagine di psicologia positiva, spiega l’ottimismo come un atteggiamento delle persone di raccontare a se stesse successi e fallimenti:«Gli ottimisti attribuiscono il fallimento a dettagli che possono essere modificati in modo da garantire buoni risultati nei futuri tentativi, mentre i pessimisti si assumono di persona la colpa dell’insucesso, attribuendolo ad aspetti o circostanze durevoli che essi non hanno la possibilità di modificare» (pag.115).
Autoefficacia
Associando la nostra speranza e ottimismo a quello che è il senso della nostra autoefficacia (self efficacy), Albert Bandura – psicologo di Stanford, celebre per gli studi sull’autoefficacia e motivazione – in base alle sue ricerche indicò quanto sentirci padroni di ciò che facciamo possa essere determinante per i risultati e per la motivazione, infatti egli dice: «Le convizione che le persone nutrono sulle proprie capacità hanno un profondo effetto su queste ultime. La capacità non è proprietà fissa; c’è un enorme variabilità di prestazioni. Chi è dotato di self efficacy si riprende dai fallimenti; costoro si accostano alla situazione pensando a come fare per gestirle (…)» (pag.117).
Ottimismo drammatico
Mi ritrovo nel concetto espresso dal filosofo e teologo Vito Mancuso quando, parlando della visione della vita, ne definisce l'”ottimismo drammatico” affermando: «ottimismo, perchè qualcosa si fa ed è tale da essere orientato verso una crescita dell’organizzazione”; drammatico, perchè non esiste lavoro che non richieda fatica, dolore e talora anche incapacità di intravedere un senso in quello che si fa, e sopratutto perchè il farsi del nuovo può avvenire solo mediante il disfarsi del precedente. Il principio quindi è la passione, nel duplice senso di entusiasmo e di sofferenza, di emozione dominante e patimento» (Il principio Passione, Garzanti Libri s.r.l. Milano, 2013).
Sullo sviluppo della carriera e ricerca di lavoro
Tenendo conto dunque dei concetti espressi qui sopra, se impareremo a lavorare su noi stessi:
- per conoscere a fondo le nostre capacità, attitudini e definire i nostri desideri di realizzazione (quindi, trovando la passione profonda che ci muove);
- per stabilire un piano d’azione e lavorare per perseguirlo;
- per conoscere ed essere sempre aggiornati sulle dinamiche del mercato;
Potremo mettere in campo un sano senso di realistico ottimismo.
P.s.
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Buonagiornata!
1 commento su “L’ottimismo drammatico nel lavoro”