Sento il bisogno di ascoltare profondamente la persona che ho davanti, ma è un attimo perdere la completa attenzione. La distrazione, la fretta ma anche la hybris – la tracotanza, descritta nel mondo greco – sono i pericoli che minacciano l’ascolto. Il rischio è quello poi di applicare pregiudizi, semplificazioni, categorie che ci faranno prendere scorciatoie. Ma poi, sono efficaci e attente all’umano?
In questo articolo, vediamo una tecnica interessante per applicare il nostro ascoltare, utili per l’attività lavorativa e la vita personale.
Sentire, oscultare
Quando si parla di buona comunicazione si mette sempre l’accento sulla capacità della persona di ascoltare, di sentire realmente. Ma cosa vuol dire?
Comunicare significa “condividere“, “mettere in comune“: quindi è uno scambio. Ma in molti casi, le persone prima di ascoltare chiedono di essere accolte, quindi il professionista deve riuscire a fare spazio e aprirsi a chi ha di fronte.
Vediamo allora una tecnica interessante, ma che dovrà essere accompagnata ad un allenamento della persona professionista ad essere – e ricordarselo – un essere umano a contatto con un altro essere umano.
L’Ascolto Attivo di Gordon
Thomas Gordon, psicologo americano, parlando di ascolto attivo, definisce quattro step:
- L’ascolto passivo o silenzio. In questa fase si incomincia ad ascoltare in silenzio. E’ quindi necessario far capire alla persona che ci sta parlando, di avere la nostra piena attenzione. Questo la farà sentire al centro, offrendogli la certezza che siamo disposti all’ascolto;
- L’accoglimento o ascolto interessato. Per aprire all’accoglienza, occorre prima di tutto fare attenzione al punto di vista non verbale. Lo sguardo andrà su chi ci sta parlando: dovremo quindi assumere una postura aperta (via i telefoni e la porta chiusa, per evitare distrazioni). Occorrerà poi annuire, dare cenni che si è interessati: perché un silenzio troppo prolungato, potrà anche essere controproducente. Si porgerà quindi all’altra/o la sensazione di offrire ascolto attento.
- Gli inviti calorosi. E’ saper utilizzare le giuste parole per accompagnare l’interlocutore ad approfondire quello di cui sta parlando. Se ci limitiamo ad ascoltare solamente, l’altra/0 tenderà a comunicare di meno rispetto a quando viene incoraggiata/o. Un buon modo di creare un dialogo, è quello di utilizzare domande “aperte“. In genere, le domande “si” o “no” portano a frasi chiuse. Se vogliamo capire e, contemporaneamente aprire alla relazione, le domande che portano ad argomentare, spiegando con maggiore dettaglio e raccontando le emozioni, faciliteranno lo scambio.
- L’ascolto riflessivo è la fase finale del processo, il momento in cui c’è uno scambio attivo con la persona. Gordon lo chiama ascolto riflessivo. L’obiettivo è parafrasare quanto è stato detto, in modo da restituire alla persona una sintesi nella quale possa riconoscersi. La aiuterà ad avere maggiore chiarezza.
Sentire. Una tecnica di ascolto
Come visto qui sopra, è possibile attuare una serie di step per ascoltare in modo profondo. Ma è importante ricordarsi che non siamo solo tecnica, ma dietro ogni strumento c’è sempre una persona che la va ad applicare. Quindi, la domanda che posso lasciarti qui è: “Come puoi allenare la tua persona perché sia aperta al sentire profondamente l’altro?
Buona giornata!
Un’ultima cosa
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